Peraltro, uno studio in corso da parte del dott. Marco Zedda della facoltà di Medicina Veterinaria dell'università di Sassari ipotizza che i cani importati dai romani fossero, in realtà, segugi (sagaces canes) dal fiuto finissimo, atti a scovare i nascondigli dei ribelli sardi mentre, i molossi, erano i cani locali, preziosi compagni dell'uomo nuragico nelle varie attività (caccia, allevamento, guerra ecc.).
Sono del 1774 le prime notizie storiche che riguardano i cani di Fonni. Padre Francesco Cetti nel suo libro "Storia naturale della Sardegna" li descrive come "cani di grossa taglia e di bella apparenza" e, inoltre "le dimensioni opposte del veltro e del mastino si elidono scambievolmente...vi trovano riunite in un sol corpo la forza, la velocità l'odorato...e ne risulta un grande risparmio di corpi poiché uno solo fa gli uffici di molti."
Nel 1841 Baldassarre Luciano in "Cenni sulla Sardegna" parla dei cani di Fonni in questi termini: " E' una famiglia di gran corpo di docilità, destrezza e forza. Nel villaggio stanno a guardia delle case, nel salto a custodia delle greggi contro i ladri e le volpi. Compagni dè banditi li vegliano e li aiutano negli incontri lanciandosi sul nemico benché armati e in sella, e cogliendoli e precipitandoli con gravi ferite al collo se non siano respinti."
Nel 1861 Il Padre Gesuita Bresciani nel libro "Dei costumi dell'isola di Sardegna" parla di una razza di cani "d'indole cupa, cogitabonda e triste in eccesso, tanto valenti alla guardia che i Sardi li hanno a ragione in altissimo pregio..... hanno il muso aguzzo, gli orecchi ritti, la vita lunga e slanciata, gambe snelle e sottili, il pelo irto o rado di colore lionato o bigio piombo....sono fedeli al signore o dolci con i famigliari ma turci, odiosi e feroci con gli stranieri."
L' addestramento durissimo e cruento cui venivano sottoposti i cani fonnesi nel passato (forse, in qualche caso, ancora oggi) consisteva nel tenere il cane, ancora cucciolo, al buio in buche scavate nel terreno e ricoperte di frasche, senza contatti umani se non col proprietario. il cibo era costituito da latte di pecora così da creare uno stretto collegamento nutrimento-pecora-madre e quindi il gregge da difendere fino alla morte.
Un altro sistema di addestramento consisteva nell'aizzare il cane contro un fantoccio dalle sembianze umane che portava - legata al collo - una vescica piena di sangue. I cani imparavano ad azzannare il collo del fantoccio subendo, di conseguenza, un condizionamento che formava un animale estremamente aggressivo e feroce specialmente nei confronti dell'uomo. Animali con queste caratteristiche sono stati utilizzati in passato anche a scopi militari e di difesa del territorio. Nel 1793 i francesi al comando dell'ammiraglio Treguet tentarono di conquistare la Sardegna sbarcando nella spiaggia del Poetto, nel golfo di Cagliari: L'impresa fallì anche per l'intervento di volontari sardi che, vista la flotta dei francesi accorsero in gran numero dalle montagne vicine con i loro cani che, aizzati in branchi contro gli invasori, contribuirono a vanificarne lo sbarco, incuranti degli sparie del fumo.
Padre Antonio Bresciani (Dei costumi dell'isola di Sardegna, 1861) parla di quei cani come dei fedelissimi mastini tigrati e descrive cosi l'avvenimento:" quelle tigri, fatte più calde e frementi al fuoco, al fumo, al fragore delle artiglierie, correndo e nabissando, colle aperte bocche, investirono l'oste nemica; ed arricciando i peli non lasciavanli riavere..... beato chi potea gettarsi in mare a salvamento...."
Mario Sanna
Nessun commento:
Posta un commento