L’oggettino trapezoidale (1 per
Pulisci e Sanna hanno “ricostruito” l’altezza del mini bronzetto: intorno ai tre centimetri, un dodicesimo del più alto bronzetto conosciuto, quello del guerriero con scudo ritrovato nel Sulcis e ora custodito nel Museo Pigorini di Roma. E un quinto di un bronzetto medio. Naturalmente, a meno di un improbabile ritrovamento del resto del bronzetto, mai riusciremo a sapere quale personaggio sorreggessero i due piedini che, come quelli dei fratelli maggiori, sono disposti l’uno più avanti dell’altro per rendere più dinamica la figura.
La miniaturizzazione non era arte sconosciuta ai sardi dell’epoca, basti pensare alle piccole faretre “votive”, alle ceste, ai piccoli vasi e ai cosiddetti bottoni che raffigurano un nuraghe complesso, figura che, con successive semplificazioni, si è tramandata nei bottoni in filigrana delle vesti sarde della tradizione. Ma, a quel che è dato sapere, non fu arte applicata ai bronzetti, stando almeno alla stato delle nostre conoscenze.
Con molte reticenze e non pochi ritardi, solo recentemente i giganti di Monte Prama sono stati attribuiti alla civiltà nuragica, anche se, incredibilmente per via dei metodi moderni di datazione, chi li data all’VIII secolo e
chi al XII-XI secolo. La grande statuaria nuragica è comunque accolta come espressione della antica civiltà dei sardi. Forse non è un caso che luogo di ritrovamento dei piedini e delle statue dei giganti è la stessa penisola del Sinis, dove sono state scoperte strutture portuali attribuite ai fenici che lì vicino costruirono Tharros su un preesistente insediamento nuragico.
“I nuragici non fanno che sorprenderci” dice Pulisci. “E pensare che dei nove o diecimila conosciamo bene appena qualche decina di nuraghi. Anche i pozzi sacri non sono stati in grado di dirci tutto dei loro architetti e dei loro fedeli. Che cosa ci riserva il futuro? Chi sa se non grandi statue di bronzo, visto che sapevano costruirne di minuscole.”
Il ritrovamento del piccolo bronzetto (che sarà consegnato al sindaco di Cabras nei prossimi giorni) da occasione a Gigi Sanna per sollevare la questione della microbronzistica nuragica e, dunque, delle tavolette di Tzricotu (anch’esse alte appena un pollice. “Chi sa” dice “che gli artisti artefici del misterioso bronzetto miniaturizzato non siano gli stessi che sono riusciti a comporre nelle tavolette sigilli più di 140 segni con valore fonetico alfabetico.”
Non c’è dubbio che la scoperta di cui oggi si parla rappresenti un’altro passo in avanti per capire ancora meglio la civiltà nuragica. Purtroppo da un lato la miopia degli organi dello Stato che pretende di tutelare anche i nostri beni archeologici e dall’altro la non adeguata considerazione che l’archeologia accademica ripone nella civiltà fra le più antiche del Mediterraneo non fanno ben sperare nel giusto accoglimento di questo straordinario ritrovamento.
In questo periodo, il Corriere della Sera (ma anche altri quotidiani lo hanno fatto) mette in vendita una serie di 27 libri, autore Piero Angela, in cui si raccontano i centomila anni di storia che hanno cambiato il volto del mondo. Ci troverete naturalmente i romani, gli etruschi, gli egiziani, i greci. Non i nuragici. Del resto, neppure il sito del Ministero competente (che però pretende di tutelare anche i nostri beni archeologici) abbonda di informazioni sulla civiltà nuragica. Senza elevare piagnistei, il trattamento che ci si riserva è direttamente proporzionale all’interesse e alla passione che in Sardegna chi deve mette nello studio e nella diffusione dell’originalità della nostra antica civiltà autoctona.
Credo abbia ragione Gigi Sanna: “Speriamo che questo ritrovamento stimoli l’archeologia sarda perché proceda con tempestività a trovare i soldi per scavi mirati nell’area compresa fra Monte Prama, il nuraghe di Tzricotu e Maimone”. Aggiungo che
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