mercoledì 18 giugno 2008

"Coccio di Orani" e "Tavoletta di Zricotu"

L'Associazione SardoLog, il cui scopo è promuovere, stimolare e divulgare lo studio su ciò che riguarda la storia dei territori sardi, dei loro ambienti e delle loro comunità, ama seguire ricerche parallele a quelle ufficiali (svolte o sovvenzionate dalle solite istituzioni ed agenzie deputate), perché riteniamo che oggi la conoscenza debba avere canali più diretti, veloci e democratici e soprattutto canali interconnessi, cioè che comunicano, che dialogano e che quindi possono esprimere realtà più vere.


E' perciò che apriamo con grande piacere uno spazio nuovo sul nostro sito dedicato agli studi e agli interventi pubblici del prof. Gigi Sanna che si occupa con un serio lavoro, ormai decennale, dell'interpretazione di antichissimi documenti di scrittura, rinvenuti in Sardegna (e non solo), alla cui luce emergono oggi conoscenze più profonde e complete di quella antica e per tanti versi misteriosa civiltà che ha abitato e improntato per millenni il territorio isolano : la civiltà nuragica. Lo studioso avrà il piacere di comunicare con chiunque voglia avere delle informazioni o eventualmente aprire un serio confronto sui temi che gli stanno a cuore e che sono materia del suo lavoro. Il suo contatto è : Sanna.LuigiAmedeo@tiscali.it

Circa un paio di anni fa, non ricordo la data precisa, fui presente ad una conferenza a S. Antioco, tenuta da Sergio Frau per presentare le sue "Colonne d'Ercole". Accompagnavano il giornalista il Prof. Giovanni Lilliu ed il Prof. Claudio Giardino che nessuno conosceva ma che si rivelò essere uno studioso di archeometallurgia e di metallografia alla Sapienza di Roma e che disse cose veramente interessanti. A conclusione della conferenza, dopo l'illustrazione di un ipotetico scenario, per molti ancora inaudito, che presentava una civiltà evoluta nella Sardegna del II millennio a.C., un' Isola dinamica, intraprendente e decisa protagonista nel Mediterraneo, io intervenni a fare una semplice domanda, e dissi pressappoco : "ma dopo questo scenario delle popolazioni nuragiche che trafficano per mare e per terra con genti e civiltà vicine e lontane, dell'Oriente e dell'Occidente mediterraneo che ci dite della loro scrittura ?"

Ci fu un attimo di silenzio, come un colpo inatteso, e in sala si incominciava a bisbigliare.
Rispose per primo Claudio Giardino con una frase laconica : "Si trova ciò che si cerca"
I bisbigli aumentavano e intervenne Sergio Frau a dire, in modo affrettato, che ci potevano essere due possibilità :

* Che i nuragici scrivessero su materiali deteriorabili.
* Che non avessero scrittura semplicemente perché non ne sentivano l'esigenza.

Io a quel punto risposi, tra il rumoreggiare generale, e quindi poco ascoltata, che sarebbe stato veramente molto strano e bizzarro accettare di credere che popolazioni così evolute, al centro dei traffici mediterranei, che sapevano costruire, tra l'altro, ben 21 tipi di imbarcazioni (si veda il bellissimo libro di Anna Depalmas “Le navicelle di bronzo della Sardegna Nuragica ”) mentre da un lato sentivano l'esigenza dell'arte, quella attestata particolarmente nella bronzettistica, per fare solo un esempio, non sentissero invece quella della scrittura.

Il testimone fu dato a quel punto al Prof. Giovanni Lilliu il quale con i suoi noti "flussi" accademici ci parlò della scrittura Lineare A e della Lineare B, della stele fenicia di Nora (ma sappiamo che "fenicia" poi tanto non è), insomma con un lungo giro di parole, per farci capire che le scritture erano come dei frutti esotici per i nostri nuragici, coltivati e coltivabili altrove, in lidi lontani, che apparvero in Sardegna solo molto più tardi come conseguenza del dominio della civiltà fenicia e poi romana.

Io naturalmente non riuscivo ad accettare quelle dichiarazioni che sentivo molto deboli, non scientifiche perché prive di fondatezza in ogni punto.

Fu soltanto dopo pochi mesi, grazie al Prof. Gigi Sanna, che potei dare delle risposte e dei percorsi nuovi ai miei dubbi e alle mie intuizioni. Mi imbattei infatti sul suo nome durante le mie ricerche sulla necropoli di Is Loccis-Santus .

Giunsi così alla conoscenza del suo importante lavoro di ricerca e dei suoi libri sulla civiltà preistorica sarda e non mi stupii più di tanto nel constatare che il suo serio, faticoso, preziosissimo contributo era snobbato e/o osteggiato dai soliti ambienti istituzionali che di archeologia e storia vivono ma che, proprio per questo, non tollerano che qualcuno osi mettere in discussione e faccia traballare il costrutto di teorizzazioni grazie al quale hanno avuto un tranquillo riconoscimento istituzionale.

Ma io che mi ero, come altri, tanti altri, ormai abituata a veder crollare tante accademiche certezze relative alla civiltà nuragica, rivelatrici spesso di cecità ed anche ottusità (quella che i nuraghi fossero delle fortezze o abitazioni di re pastori, quella che i nuragici non usassero imbarcazioni e scegliessero di vivere lontani dal mare, e così via), abbracciai con entusiasmo e forte curiosità ciò che Gigi Sanna proponeva con la forza del suo enorme bagaglio di studi circa i primordi della nostra civiltà e, in particolare, della scrittura. Gigi Sanna, attraverso il suo volume “Sardōa Grammata ” (edito da S'Alvure di Oristano) mi ha offerto indubbiamente, in proposito, delle cognizioni che nessun altro studio mi aveva mai dato.

Gigi Sanna vive ad Oristano dove ha insegnato Lingua e letteratura greca e latina al Liceo “De Castro”. E' attualmente docente di Storia della Chiesa Antica presso l'Istituto di Scienze Religiose dell'Università Pontificia di Oristano, dove, per la prima volta nella storia universitaria della Sardegna (anno accademico 2005 - 2006), ha tenuto un regolare corso monografico sulla scrittura nuragica e sulla divinità sarda Yhwh. E' saggista ed autore di diverse pubblicazioni riguardanti la lingua, la storia, la letteratura e l'archeologia della Sardegna. E' autore (insieme al compianto Gianni Atzori) di “ Omines”. Dal neolitico all'età nuragica ” e del recente Sardōa Grammata. Sta per pubblicare un'altra importante opera dedicata ai suoi studi sulla scrittura delle famose tavolette francesi di Glozel , che si sono rivelati, grazie alla ‘clè epigraphique' nuragica, straordinari documenti greci del santuario delfico di Apollo. Chi avrà potuto scorrere solo la bibliografia di “Sardōa Grammata ” si sarà reso conto del nutrito bagaglio di studi che vi sta a monte e che vanno dalla linguistica, alla storia, dalla glottologia alla paleografia, dall'archeologia all'antropologia.

Ma oltre a questo mi preme farvi presente che ha anche le qualità di un ermeneuta, di un vero interprete dei segni. L'interpretazione non cerca solo di stabilire descrittivamente qualcosa di certo e di obiettivo (nella sua apparenza), ma di portare alla luce il senso celato nelle costruzioni di un codice linguistico, di un linguaggio, di un testo con una testimonianza comunicativa.

Le testimonianze infatti, i reperti con della scrittura sarda arcaica, ci sono ed evidenti, incontestabili, "oggettivi", nei musei, all'aria aperta, nelle foto dei libri che sono stati spesso pubblicati, paradossalmente, proprio da coloro che negano; e sono testimonianze sparse un po' in tutta la Sardegna ma soprattutto in quella larga fascia di territorio centroccidentale che attraversa l'Isola dal nostro Sulcis fino ad Alghero (e guarda caso è anche la fascia a più alta densità nuragica). E sono tanti, forse tantissimi.

Solo che nessuno prima si era preso la fatica di indagarli e quindi di saperli leggere per noi e di interpretarli; nessuno finora ha avuto il coraggio intellettuale di andare oltre i dati obiettivi e superficiali, di andare anche controcorrente, con raro senso dell'onestà scientifica che, si sa, non dà quasi mai frutti di soddisfazione e di gratificazione nell'immediato.

Una certa corporazione di negatori, di varie discipline, tutti tesi a cercare firme di negazione, non possono che negare l'evidenza, tanto che, senza che se ne rendano conto, negano scientificamente, in maniera tragicomica, anche se stessi. E' consequenziale negare quando si ignora, quando non si legge nulla e quindi non si sa cosa dire, quando l'immobilismo della ricerca è tanto sovrano che si ha terrore per tutto quello che si muove. E' consequenziale ancora che, in qualche modo, qualche oggetto ingombrante ed imbarazzante si ‘neghi' al pubblico, che sparisca nel nulla, come è accaduto per i noti ‘cocci' di Orani oppure, per rimanere nel nostro territorio, per il cosiddetto "brassard" di Is Loccis-Santus.


Tavoletta in bronzo di Tzricotu


Gigi Sanna ha interpretato tante testimonianze di scrittura arcaica sarda dal II millennio a.C. in Sardegna, scrittura presente in sigilli, come quelli in bronzo di Tzricotu di Cabras, in cocci, in conci di chiese, in pietre, in statue stele, in lamine, in else di pugnali, in monili, in monete, etc. Ha fornito, tra l'altro, la spiegazione della scrittura protocananea della Bipenne (il cosiddetto brassard) di Is Loccis-Santus , di cui tratta ampiamente nel suo ultimo libro. Ho conosciuto lo studioso a Cagliari alla Conferenza che tenne con degli studiosi francesi giunti da Parigi, interessati anch'essi ai suoi studi sulla misteriosa scrittura di Glozel.

Ebbene in quella Conferenza, come nella Conferenza internazionale di Sassari (la cui prima parte qui vi proponiamo), tenuto il 28/10/06 presso l'Università - presenti gli studiosi francesi, Gigi Sanna ci illustrò anche il tenore del cosiddetto ‘brassard' e così dallo sconcerto, dallo sconforto e dall' amarezza provati nella constatazione di quanto sia grave l'incuria e l' irresponsabilità in cui versa la conoscenza del nostro enorme e splendido patrimonio archeologico, sono passata alla costruttiva speranza che il legame con questa conoscenza si possa rifondare.

Ringrazio quindi Gigi Sanna per aver voluto condividere con noi questo spazio web e grazie ancora a coloro che vorranno, senza pregiudizi, dialogare fruttuosamente, prendendo lo spunto dai risultati del suo lavoro.

Lidia Flore

Fonte


1 commento:

Anonimo ha detto...

Foto fighissime. Continua a scrivere sul blog, è molto bello.